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DESIGN TATTOO MANIA IO E LA MIA TELA PREFERITA





TATTOO MANIA

IO E LA MIA TELA PREFERITA

E’ come avere sempre sotto gli occhi la pagina preferita di un libro… e non di uno qualunque. E’ un’ostentazione… a volte cela un segreto “criptato” sotto gli occhi di tutti. E’ un promemoria scritto tra le righe… o quel dettaglio che Madre Natura aveva dimenticato di darci perché fossimo perfetti.


Che oggi rappresenti un desiderio di espressione o di omologazione è difficile a dirsi, ma il bisogno di tatuare la propria pelle non è mai stato così diffuso. Come si dice… “ce l’hanno tutti”. Giusto? Dalla ragazzina di 14 anni che va a scuola al signore distinto di una certa età a cui si è “arrampicato” un po’ troppo il polsino della camicia. Sarà passione o solo moda? Poco importa, ma una cosa è certa: è Arte. Così tanto da avere una sua storia con tutti i sacri canoni, dalle origini, alle scuole, alle tendenze.

Quando parlo di origini intendo che è stata trovata una mummia eurasiatica del 3300 a.C. che riportava segni di simboli sul corpo, che questa pratica non esulava dalle abitudini degli antichi Egizi e del glorioso impero di Roma, che spesso nelle varie culture antiche e indigene i tatuaggi indicavano un passaggio cruciale nella vita dell’individuo oppure rimarcavano l’appartenenza alle famiglie, e non è finita qui.

Con la diffusione in Europa e nel Nuovo Continente, fra ‘800 e ‘900, proprio mentre il pensare comune collegava il tatuarsi a classi di individui poco raccomandabili, alcune delle più illustri celebrità dell’epoca, a quanto pare, non se ne curarono e cedettero al fascino di aghi e inchiostro: fra queste i presidenti Theodore Roosevelt e Andrew Jackson, lo zar Nicola Romanov, il primo ministro inglese Churchill, così come alcuni personaggi di casa Savoia. Nello stesso periodo, all’interno della categoria “poco raccomandabile” dei marinai della US NAVY, Sailor Jerry diede alla luce quella che oggi viene definita la “Old School”, e ancore, sirene, rose dei venti, pin-up e rondini cominciarono a comparire sulla pelle dei suoi colleghi successivamente ad ogni arrivo in un porto e avevano un significato preciso.

Questo stile è tornato alla ribalta negli negli anni ’70, con skinheads, punk e MODS anche se con una rivisitazione dei temi originali diventando anche il preferito dai bikers, aggiungendo cuori, rose, ciliegie, aquile, dadi, motori e pistoni. Oggetti reali, riportati sulla pelle tramite bordi neri molto spessi e uno scarso utilizzo di sfumature.

Ogni cultura in cui era diffusa la pratica del tatuaggio aveva, oltre ai suoi significati, i suoi strumenti. Il buon Jerry imparò l’arte in Alaska, realizzando i suoi primi disegni rigorosamente a mano, in Polinesia era diffuso il metodo samoano, dolorosissimo, poi esiste quello giapponese e quello thailandese. Oggi la tecnica di tatuaggio più diffusa è quella americana che utilizza la classica macchinetta elettrica. Come si dice… paese che vai, usanza che trovi! Ma l’incredibile è proprio vedere cosa questi artisti, seppur con strumenti diversi, riescono a creare.

Nel tempo sono evoluti i gusti, si sono affinate le tecniche permettendo risultati sempre più sorprendenti, certi evergreen pressochè immortali sono rimasti sulla cresta dell’onda come i tribali e gli orientali. Nel frattempo sono comparsi i biomeccanici, i ritratti (emblema dei “tatuaggi realistici”), quelli più decorativi come i motivi floreali, si è diffuso il lettering, i blackwork tattoo (estremi in grado di dipingere di nero ampie aree del nostro corpo oppure minimalisti e geometrici), i tatuaggi fluorescenti UV, i trash polka con la loro nota amara esaltata dal rosso, gli ornamentali studiati apposta per abbellire il corpo in cui si trovano… e i tatuaggi quelli piccoli piccoli, semplici semplici, disegnati in un punto strategico. E’ veramente un mondo intero, grande, infinito e complesso, che va affidato alle mani esperte di chi è in grado di riportare sulla pelle un sogno decifrato, un’idea.

E’ come se vi avessero dato un nuovo alfabeto, e voi aveste in mano la penna. E’ come se il vostro corpo fosse una nuova tela, per scrivere una nuova vita, e poco importa se essa corrisponde alla realtà o meno. Lì avete carta bianca… lì, Dio, siete voi.


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